«E poi ci sono i rischi. E ce ne sono in abbondanza. Il rischio fisico, tanto per cominciare. Che va dalla manganellata durante una manifestazione politica al proiettile vagante nel canale di Suez, dal fuoristrada che precipita nelle Ande peruviane al tifo preso in India per avere bevuto l’acqua sbagliata.
Ma il rischio a mio avviso più sottile è sentirsi dire da una redazione che le foto sono belle, bellissime, ma non c’è nessuno che potrebbe scrivere l’articolo. Il redattore capo a questo punto invariabilmente propone: “Ma non potrebbe scriverlo lei?”. La trappola è scattata e solo i giganti possono resistere alla tentazione. Io non sono un gigante. Nasce così il fototesto, che è la produzione giornalistica più ibrida e più professionalmente equivoca per un fotografo.
È a questo punto e continuando su questa strada che il fotografo è costretto a dedicare sempre più tempo ai testi, trascurando necessariamente quello che pure resta il suo mestiere-amore: il fotoreportage».
Calogero Cascio