«Me lo trovo davanti dopo la terza telefonata. È alto, grosso e con gli occhiali. Seduto sul divano di casa mia sembra piccolo perché se ne sta come rannicchiato su se stesso. È imbarazzato, ha la gola secca e la timidezza gli fa avvampare le guance.
“E allora che faccio?”, mi chiede. È fotografo da cinque anni, è diplomato in qualcosa, ha cominciato da fotoamatore e ha provato a fare il professionista. Ha provato e riprovato. È andato in giro per redazioni, ha lavorato per agenzie, ha spedito foto a destra e a manca. Ora, dopo una serie di insuccessi, di delusioni, di amare mortificazioni e di sacrifici economici, eccolo qui davanti a me a chiedermi un consiglio: “Cosa faccio?”.
“Parti, vai via. Se vuoi proprio fare questo mestiere vai in un altro Paese”. Non so dirgli altro. E mi prende un’angoscia alla gola perché non so dirgli altro. Lui è lì, in piedi, alto e grosso e mi ringrazia del consiglio. Forse è già partito e forse no.
Così nasce l’inchiesta, per sapere quali sono le difficoltà da affrontare, gli scotti da pagare, le strade da percorrere».
Calogero Cascio